Makino Shōzō
Jiraiya è un eroe folcloristico noto nel periodo tra la fine dello shogunato di Tokugawa (1603-1867) e l’inizio dell’era Meiji (1968-1912) e divenuto poi protagonista del romanzo a puntate – se ne contano ben 43 – Jiraiya Goketsu Monogatari (La storia dell’eroe Jiraiya, 1839-68), scritto da più autori e corredato da illustrazioni. Jiraiya è una sorta di predone ninja dotato di poteri magici, fra i quali il volo, il teletrasporto e gli attacchi con l’acqua e, soprattutto, quello di tramutarsi in un grande rospo. Il personaggio si basa sulla storia del ladro Garaiya, apparsa originariamente in una raccolta di letteratura popolare nel periodo Tang in Cina. Il romanzo fu poi adattato per il teatro divenendo un classico del Kabuki, messo in scena dapprima a Osaka (1852) e poi a Edo (l’antica Tokyo). Qui il personaggio di Jiraiya si trasformò in un ladro eroico e cavalleresco, facendo la fortuna dell’attore Danjuro Ichikawa VIII. E’ probabilmente sotto questa forma che il personaggio approdò al cinema, ma poiché del film di Makino Shōzō sopravvive solo un frammento della durata di circa venti minuti, è difficile stabilire quale sia la fonte precisa utilizzata.
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La trama del film può in parte essere desunta dal romanzo, almeno per quanto riguarda il personaggio principale. Nel periodo Muromachi (1336-1573), durante lo shogunato di Ashikaga, Ogata Shuma Hiroyuki, erede della potente famiglia Ogata dell’isola di Kyūshū, annientata in seguito a un atto di tradimento, viene istruito nella magia del rospo dall’immortale Senso Dojin, sul Monte Myoko, e prende il nome di Jiraiya il Ladro. Nel frattempo s’innamora della bella principessa Tsunade, istruita nella magia della lumaca. Con l’aiuto di alcuni seguaci, egli attacca i traditori della sua famiglia, capeggiati da Sarashina, nel tentativo di riabilitarne l’onore, ma la missione fallisce. Successivamente avviene lo scontro fra Jiraiya e il suo ex seguace e ora suo acerrimo nemico Orochimaru, che possiede l’arte magica del serpente. Alla battaglia partecipa anche Tsunade e ogni personaggio sfoggia il suo potere teriomorfo. Il racconto, privo di un finale si concludeva con la provvisoria sconfitta di Jiraiya e Tsunade per mano di Orochimaru.
Fu il figlio del regista, divenuto poi regista a sua volta, Makino Masahiro, a raccontare nella sua autobiografia come la famiglia di suo padre fosse legata, per parte materna, a un pezzo grosso della yakuza (la mafia giapponese) di Kyoto. Fu tramite questo aggancio che Makino Shōzō (1878-1929), direttore del teatro Sembonza, fu in grado di produrre il suo primo film nel 1908[1]. Morto prima ancora che il cinema sonoro fosse adottato in Giappone, Makino realizzò diverse centinaia di film in poco più di vent’anni ed è considerato il padre del cinema giapponese: non perché sia stato il primo regista giapponese, ma perché fu il primo ad essere considerato come tale. Numerose furono, nel corso degli anni, le sue versioni di uno dei più celebri drammi Kabuki, ovvero Chushingura (t.l.: I leali 47 ronin), probabilmente il testo teatrale che conta più trasposizioni nella storia nel cinema giapponese. Ciò che ci è rimasto oggi delle varie versioni realizzate da Makino è un montaggio contenente spezzoni dai vari film e intitolato Chūkon giretsu: Jitsuroku Chūshingura (Chushingura: The Truth, 1928).
Nel frammento di venti minuti che costituisce l’unica versione sopravvissuta, le didascalie sono pochissime e perciò la storia è difficile da seguire. In quell’epoca infatti (e fino all’avvento del cinema sonoro) era la figura del benshi a illustrare personaggi ed eventi, senza contare che spesso i soggetti dei film erano adattamenti dal teatro Kabuki e Shinpa, oppure i kodan[2], tutti repertori ben noti al pubblico giapponese. L’attore principale è la prima star del cinema giapponese, Onoe Matsunosuke (1875-1926), protagonista di oltre mille film in circa vent’anni di carriera, metà dei quali diretti da Makino. Il primo film che fecero assieme, e che segnò il suo debutto come attore cinematografico, fu Goban Tadanobu (Tadanobu the Fox, 1909).
Onoe proveniva da una compagnia Kabuki di provincia, ma la popolarità che egli raggiunse in patria grazie al cinema fu immensa: «Si dice che (…) quando ai bambini giapponesi veniva chiesto quale fosse il nome del più grande uomo in Giappone, lo nominassero sempre per secondo. (Il primo era, per forza di cose, l’imperatore)»[3]. Questa popolarità era dovuta anche al particolare sottogenere dello jidaigeki in cui si distinse: quello dei film sui ninja o shinobi, che in origine erano semplicemente delle spie ben addestrate del periodo feudale, ma nel tempo assunsero poi i connotati di guerrieri leggendari dotati di poteri magici e occulti. Onoe arrivò a girare fino a nove film in un mese. Alla fine, stremato, morì sul set di un film per un attacco di cuore il giorno prima del suo cinquantunesimo compleanno. Goketsu Jiraiya appartiene all’ultimo periodo della sua collaborazione con Makino ed è uno dei rarissimi film sopravvissuti in cui egli appare.
A quanto riportò lo stesso Onoe, i registi all’epoca non usavano una sceneggiatura scritta, ma al momento delle riprese imboccavano gli attori con le battute da pronunciare. In esterni, il film di Makino alterna gli scenari naturali all’uso di fondali dipinti di derivazione teatrale (il campo con gli alberi innevati) ed è quasi del tutto privo di montaggio narrativo. Le scene si susseguono, con la macchina fissa e frontale, in campo medio, ovvero secondo la prospettiva di uno spettatore seduto a teatro, senza primi piani o cambi di angolazione. Come nel cinema delle attrazioni di Méliès o Zecca, il montaggio è utilizzato per realizzare dei semplici trucchi, in corrispondenza con l’esibizione dei bizzarri i poteri di Jiraiya, il quale oltre ad apparire e scomparire in una nuvola di fumo, può trasformarsi anche in un grande rospo e ingoiare le sue vittime!
I duelli sono magnificamente coreografati, come in una danza, e stilizzati, secondo lo stile tachimawari, ovvero il combattimento con spade in stile Kabuki, tecnica in cui Onoe era un maestro. I movimenti sono rapidi ma ieratici, le lame più che cozzare si toccano, se non addirittura si sfiorano, e tuttavia la perizia tecnica degli attori-artisti marziali è ben più alta e raffinata, in media, di quella di tanti spadaccini del cinema americano. Sembrano duelli più spirituali che materiali e ciò li rende affascinanti e quasi ipnotici. Un’altra caratteristica di Onoe che lo rese famoso era quella di roteare gli occhi, la qual cosa gli valse il soprannome “Medama no Matchan” (Matsu occhi a palla).
Il film è del 1921, ma le conoscenza tecniche di Makino e dei suoi collaboratori sembrano ferme ai primordi del cinema: fondamentalmente, è come guardare un film di dieci anni prima, magari della Film d’Art francese o do una equivalente concezione di cinema come “teatro filmato”. Ma lo stile antiquato seppur affascinante di Makino non esaurisce certo il panorama giapponese di quegli anni, tutt’altro. Basta vedere ad esempio un gendaigeki[4] uscito quello stesso anno, Rojo no reikon (Souls on the Road, Murata Minoru e Osanai Kaoru, 1921), per rendersi conto che il cinema giapponese aveva già intrapreso un percorso di modernizzazione, in termini di linguaggio, modalità espressive e di un maggiore realismo, ispirandosi in particolar modo al cinema americano. Lo stesso Makino, dopo il divorzio artistico da Onoe e dalla Nikkatsu, diede il suo importante contributo al rinnovamento del genere prendendo spunto proprio dalle innovazioni del cinema occidentale[5]. Si parlerà allora di shin jidaigeiki (nuovo film storico), che raggiungerà l’apice con il realismo dei film di Inagaki Hiroki e la regia ultra-dinamica di Ito Daisuke.
Vittorio Renzi
Goketsu Jiraya (豪傑児雷也 | Jiraiya, the Ninja)
[a.k.a. Jiraiya, the Hero]
Giappone, 1921
regia: Makino Shôzô
soggetto: romanzo a puntate Jiraiya Goketsu Monogatari (1839-68)
fotografia: Miki Minoru
produzione: Nikkatsu-Mukôjima
cast: Onoe Matsunosuke (Jiraiya), Ichikawa Suminojo (Orochimaru), Otani Kijaku (Tsukikagegunryo Miyukinosuke), Kataoka Chosei (Tsunatehime), Kataoka Shoen (Takasago Yuminosuke), Jitsukawa Enichiro, Kataoka Ichitaro, Makino Masatada
durata: 21′ (a 16 fps) [incompleto]
Makino Shôzô
Onoe Matsunosuke
[1] Isolde Standish, A New History of Japanese Cinema. Century of Narrative Film, New York-London, Continuum, 2006, p. 36.
[2] Una forma di narrazione orale piuttosto antica (risalente al periodo Heian, 794-1185) di matrice confuciana, in cui venivano recitati episodi storici o letterari ricchi d’azione e combattimenti con la spada, particolarmente adatti, per la loro semplicità e immediatezza, ad essere trasposti al cinema.
[3] Donald Richie, A Hundred Years of Japanese Films, Tokyo-New York-London, Kodasha, 2001 (revised ed. 2005), p. 24.
[4] Drammi di ambientazione contemporanea, derivanti dallo Shinpa. Oggi definisce più in generale tutti i film di ambientazione contemporanea.
[5] Donald Richie, Japanese Cinema. An introduction, New York, Oxford University Press, 1990, p. 18.