Jakov Protazanov
SINOSSI: A Mosca, vivono l’ingegnere Los’, sposato con Natasha, e il suo collega Spiridinov. Los’ si sente spiato; scoprirà poi di essere osservato con un potente telescopio dalla regina di Marte, Aelita . Nella sua mente prende forma un sogno che mescola realtà e fantasia, in cui, dopo aver ucciso la moglie per gelosia, egli costruisce un razzo e parte verso Marte. Al suo arrivo incontra Aelita e si innamora di lei. Ma Aelita è una tiranna che, come i suoi predecessori, schiavizza il suo popolo. Così, il compagno Gusev, partito con Los’, lo spronerà a fomentare la rivolta…
«Anta Adeli Uta»
Come film di propaganda, Aelita, che all’epoca fu un enorme successo di pubblico, sembra, a vederlo oggi, ben poco convinto e convincente. E infatti fece storcere molti nasi sovietici, che videro nel film più uno sfoggio di tecnica e un atto di autocompiacimento borghese, che la devozione alla causa della neonata Unione delle Repubbliche Sovietiche. E probabilmente non avevano torto: il regista, Jakov A. Protazanov, specializzato in film tratti dalla grande letteratura russa, non era propriamente un fan di Karl Marx, era stato in esilio per anni e aveva lavorato nel cinema sia a Parigi che in Germania:
La sua adesione all’ideologia bolscevica è totale e inerte: gli interessa lavorare bene, arrivare al pubblico, da buon professionista, ed è quello che vogliono anche i dirigenti sovietici che si affidano a lui per rifondare un cinema uscito malconcio e disorientato dal periodo del comunismo di guerra. Si spiega così anche come, in fondo, nessuna delle opere sovietiche di Protazanov, tutte più o meno riuscite, interessanti, piacevoli (…) sia all’altezza delle sue migliori riduzioni dei classici russi del periodo prerivoluzionario.[1]
Negli ultimi roboanti minuti del film, la fanfara comunista viene suonata a un volume talmente alto (forse proprio per compensare tutto il resto e prevenire le critiche) da diventare quasi una parodia, come nemmeno Guzzanti in Fascisti su Marte! (2006). Poco male. Alla fine, a quanto pare, era stato tutto un brutto sogno e il protagonista, Los’ in realtà non aveva mai ucciso la moglie, né aveva lasciato la madrepatria a bordo di un razzo. Una soluzione che non riesce però a farci dimenticare come il cuore di Protazanov batta tutto per Méliès e per la tanto aborrita “fuga dalla realtà”.
E tuttavia il cinema sovietico, che proprio in quell’anno manifestava i primi forti di rottura col cinema precedente alla ricerca un nuovo linguaggio[2], trovò in Protazanov il prosecutore ideale di quel cinema russo presovietico di qualità e di successo di cui egli era stato, assieme a Evgenij Bauer, il principale alfiere: «Protazanov riesce con il suo mestiere eclettico, con il suo fiuto infallibile per le esigenze commerciali del momento a combinare l’incombinabile, a commercializzare l’avanguardia costruttivista»[3]: esattamente ciò che avevano fatto gli autori di Das Cabinet des Dr. Caligari (Il gabinetto del dottor Caligari, 1920) in Germania nei confronti dell’espressionismo. Inutile dire che il film di Wiene influenzò non poco la realizzazione di Aelita, sia nella concezione delle scenografie, sia nell’idea, poi da più parti ripresa, dell’inserimento del racconto nella cornice del sogno[4].
Nel film non vi è nessun accenno alla provenienza dei marziani da Atlantide, come nel romanzo di partenza (di Aleksej N. Tolstoj). Ma a parte questo, tra scenografie costruttiviste, costumi “retro-futuristi” (i marziani sembrano antichi egizi rivisitati) e trama delirante con tanto di storia onirica parallela, come in Sherlock Jr. (La palla n°13, 1924), di Buster Keaton, Aelita è un film di fantascienza davvero sorprendente e avanguardistico, oltre che piuttosto divertente, dato che è anche uno dei primi in cui viene esplorato lo spazio e si raffigurano i marziani: lo precedono di una decina d’anni il britannico A Message from Mars (1913), di Wallett Waller – dove i marziani, anziché egizi, sembrano crociati! – e il danese Himmelskibet (A Trip to Mars, 1918), di Holger-Madsen, mentre è ancora di là da venire il Fritz Lang di Metropolis (1927), la cui idea della rivolta degli schiavi sembra riecheggiare quella di Aelita.
Con il personaggio dell’investigatore affidato a Igor Il’inskij, infine, Protazanov riuscì a costruire e a dare fama al primo vero comico russo, cosa che l’intera produzione nazionale dell’epoca precedente non era riuscita a fare.
Vittorio Renzi (8 gennaio 2015)
[1] Giovanni Buttafava, Il cinema russo e sovietico, Biblioteca di Bianco & Nero / Ubulibri, 2000, p. 32.
[2] Kinoglaz (Il cineocchio) di Vertov e Stačka (Sciopero) di Ejzenštejn uscirono proprio nel 1924, anche se le ricerche e le sperimentazioni teorico-formali, come quelle di Lev Kulešov, erano iniziate già da diversi anni.
[3] G. Buttafava, op.cit., p. 34.
[4] J. Aumont e B. Benoliel (a cura di), Le Cinéma expressionniste. De Caligari à Tim Burton, Rennes, P.U.R. / La Cinémathèque Française, 2008, p. 22.
Aelita | Аэлита (Aelita)
[Aelita: Queen of Mars]
URSS, 1924
regia: Jakov Protazanov
soggetto: romanzo omonimo di Aleksei N. Tolstoj
sceneggiatura: Fëdor Ozep, Aleksej Fajko
fotografia: Jurij Željabužskij, Emil Schünemann
musica: Aleksandr Rannie
scenografia: Sergej Kozlovskij
costumi: Alexandra Ekster
trucco: N. Sorokin
produzione: Mežrabpom-Rus′
cast: Julja Solnceva (Aelita), Nikolaj Čereteli (Los’), Vera Kuindži (Natasha), Nikolaj Batalov (Gusev), Jurij Zavadskij (Gol), Igor Il′inskij (Kratsov), Konstantin Eggert (Tuskub), Vera Orlova (Masha, moglie di Gusev), Pavel Pol′ (Viktor Ehrlich), Nina Tret′jakova (Elena, sua moglie),
Aleksandra Peregonets (Ihoshka)
lunghezza: 2.841 metri
durata: 113′
data di uscita: 25 settembre 1924