Fred Guiol

Tra le dimenticate e straordinarie commedie del cinema muto va indubbiamente ricordata Pass the Gravy (1928), diretta da Fred Guiol, prodotta da Hal Roach e supervisionata dal regista di Duck Soup (La guerra lampo dei Fratelli Marx, 1933), Leo McCarey, che negli anni Venti scrisse e diresse numerosi cortometraggi per la coppia Stan Laurel e Oliver Hardy e che, nonostante l’apprendistato al fianco di Tod Browning, si specializza nel genere comico determinando una grande evoluzione.

Il plot narrativo di Pass the Gravy – considerato il vertice della carriera attoriale di Max Davidson (Flaming Fathers; Why Girls Say No) – è semplice. Il signor Schultz (Bert Sprotte) vince un pollo, Brigham, che sarà causa di litigi con il suo vicino di casa, interpretato da Davidson. Per sotterrare l’ascia di guerra nel giorno del fidanzamento tra il figlio di Schultz (Gene Morgan) e la figlia di Davidson (Martha Sleeper), organizzano una cena per festeggiare. Davidson ordina al figlio Ignatz (Spec O’Donnell) di andare a comprare un pollo arrosto: il furfantello si intasca i soldi e cattura Brigham. Durante la cena, Ignatz si accorge che la targhetta del primo premio è rimasta legata alla zampa del pollo. Avverte la sorella e l’innamorato, i quali insceneranno un teatrino per cercare di avvertire Davidson del misfatto, attenti a non farsi scoprire da Schultz.
Ed è proprio questo teatrino la scena focale del film, nonché la più interessante per le riflessioni che mobilita relativamente alla coalescenza tra cinema e teatro.


La contaminazione tra cinema e teatro si rintraccia sin dai tempi di Georges Méliès, quando ottenne in gestione il teatro Robert Houdini dove allestì degli sketches in cui si combinavano giochi di prestigio, comicità e trucchi. Peraltro, nel giardino della sua villa di Montreuil-sous-Bois, Méliès costruì il primo teatro di posa moderno. Ma oltre ad una contaminazione di tipo spaziale – vecchi teatri riutilizzati come cinema –, si assiste a partire dagli anni Dieci anche ad un sincretismo di tipo estetico e contenutistico: si pensi ad esempio ad un regista come Evgenij Bauer fortemente influenzato dal teatro di Cechov; oppure al cinema tedesco che metabolizzò il côté onirico e mistico del teatro espressionista. Non dimentichiamo poi che cineasti come Ejzenštejn o quelli riuniti nella FEKS (Fabric of the Eccentric Actor – Fabbrica dell’attore eccentrico), fondata da Grigori Kozintsev e Leonid Trauberg, si formano proprio nel teatro. Ma anche lo stesso cinema di Leo McCarey si approccia al teatro attraverso la trasposizione su schermo: la screwball comedy The Awful Truth (L’orribile verità, 1937) è tratta dall’omonimo testo teatrale di Arthur Richman oppure Make Way for Tomorrow (Cupo tramonto, 1937) tratto dalla pièce teatrale di Helen e Noah Leary.

Nel caso di Pass the Gravy la teatralizzazione del cinema, evidente nella scena del teatrino e resa anche attraverso la scelta di inquadrature fisse che ricordano la visione frontale che si ha generalmente a teatro, produce una moltiplicazione di sguardi: gli attori/commensali che guardano il sipario messo in scena dai due giovani mentre noi guardiamo loro che guardano. Viene da pensare anche ad un altro film, Dogs of War! (1923) di Robert McGowan: anche qui si assiste alla prolificazione di sguardi nuovi e moltiplicati: vi sono gli occhi di McGrowan che incontrano quelli dello spettatore che a loro volta incontrano gli occhi dei bambini che si appropriano di una macchina da presa per produrre altre immagini, che si vanno a sovrapporre ad immagini già esistenti.
L’immagine cinematografica incontra l’immagine teatrale generando visioni rinnovate: «Mi sono moltiplicato per sentire, per sentirmi, ho dovuto sentire tutto, sono straripato, non ho fatto altro che traboccarmi, e in ogni angolo della mia anima c’è un altare a un dio differente» (Fernando Pessoa).
Martina Mele

Pass the Gravy
Usa, 1928
regia: Fred Guiol
sceneggiatura: Reed Heustis (didascalie)
fotografia: George Stevens
montaggio: Richard C. Currier
produzione: Hal Roach, per Hal Roach Studios, Incorporated
distribuzione: Metro-Goldwyn-Mayer
cast: Max Davidson (il padre), Martha Sleeper (la figlia), Spec O’Donnell (Ignatz, il figlio), Bert Sprotte (Schultz), Gene Morgan (il figlio di Schultz)
lunghezza: 2 rulli
durata: 23′
data di uscita: 7 gennaio 1928

