Ewald André Dupont
SINOSSI: Boss Huller, condannato per omicidio, sconta la sua pena in carcere e, dopo aver saputo che è stata richiesta la grazia nei suoi confronti, racconta al direttore la storia dietro all’omicidio che lo aveva condotto lì. Dieci anni prima: famoso trapezista, Boss ha dovuto abbandonare la scena del circo a causa di un incidente e ora gestisce un piccolo locale di spettacoli nel quartiere di St. Pauli, ad Amburgo, insieme alla moglie. Un giorno però conosce la giovane ballerina Bertha-Marie. Per lei, Boss lascia moglie e figlio e torna al circo, creando insieme alla sua compagna un numero che viene notato dal famoso trapezista Artinelli. Costui li ingaggia per un suo grande spettacolo a Berlino: il trio ottiene un grande successo. Ma, un giorno Boss scopre che i suoi due partner sono diventati amanti. Davanti al tradimento, Boss uccide il rivale e poi si consegna alla polizia.
Una grande volgarità emana da questa coppia – che diventa poi un trio – di artisti del circo. Ma è comunque una volgarità incandescente, in cui la passione, sempre a senso unico, mai pienamente corrisposta, perché motivata da una parte da anni di frustrazione (Boss), dall’altra dall’arrivismo e dall’egoismo della gioventù (Bertha-Marie). Ma una passione votata all’egoismo non è per questo meno travolgente, anzi. E’ dunque in scena il solito binomio passione/perdizione, narrato in un’infinità di esempi di letteratura, teatro e cinema popolare, ma che qui risplende sotto le luci di un cinema quantomai lucido e consapevole delle sue possibilità. Varieté è il grande successo del tedesco Ewald André Dupont, il quale né prima né dopo, nell’arco della sua pur lunga carriera, riuscì ad eguagliare questo altissimo risultato. Tanto da essere ricordato oggi, nelle varie storie del cinema, solo per questo film.
I crudeli campi/controcampi della moglie e dell’altra, la ballerina Bertha-Marie, altro non sono che soggettive dello sguardo con cui Boss soppesa la sua non difficile scelta amorosa. In questo sguardo cinico e calcolatore si riverbera l’eterna insoddisfazione dell’uomo, in cui covano le braci ardenti della frustrazione (sessuale, ma anche di realizzazione personale) accumulata nel corso di una vita che, improvvisamente, si rivela in tutto il suo squallore. Ne consegue la ricerca spasmodica della via d’uscita, per cui ecco che lo sguardo, posandosi sulla “prima cosa bella”, e soprattutto nuova, si fa miope, ingenuo, autoindulgente, quasi infantile.
Varieté è tutto giocato su questo sguardo soggettivo desiderante (e in ciò è un ottimo esempio di immagine-percezione deleuziana) che, nell’atto proprio del desiderare, si fa avido e rapido, e ritaglia occhi, bocche, braccia, gambe, in un vortice fisico e psichico allo stesso tempo. Anche i numeri circensi, e in particolare quelli al trapezio, sembrano così ergersi a metafora o sostituzione della rappresentazione dell’atto sessuale. E tutto questo movimento, oltre che con la macchina da presa (l’operatore è Karl Freund), Dupont lo crea in particolar modo con il montaggio. Questo film, difatti, assieme ad altri, dimostra come, giunto alla metà degli anni Venti, il cinema avesse oramai raggiunto la sua piena maturità espressiva ed autonomia artistica. Il montaggio, in Varieté, è rapido, preciso e movimentatissimo, è pura arte. E’ già contemporaneità. Come nella grandiosa scena del music hall, con i suoi primi piani caricaturali, le sovrimpressioni, i trucchi ottici (gli acrobati riflessi nelle lenti dei binocoli degli spettatori), le carrellate sul pubblico, il movimento dei corpi che si fa luce e viceversa.
Restaurato di recente in un ottimo blu ray tedesco (con sottotitoli anche italiani) e accompagnato da una colonna sonora creata dagli inglesi Tiger Lillies (quella originale era del compositore Erno Rapee), sicuramente in tema, cabarettista, brechtiana ed espressionista quanto si vuole, ma anche fin troppo cantata e invadente.
Vittorio Renzi(18 settembre 2015)
Varieté (Variety)
[a.k.a. Jealousy]
Germania, 1925
regia e sceneggiatura: Ewald André Dupont
soggetto: romanzo di Felix Holländer: Der Eid des Stephan Huller
fotografia: Karl Freund
scenografia: Oscar F. Werndorff
effetti speciali: Ernst Kunstmann
produzione: Erich Pommer, per Universum-Film Aktiengesellschaft (UFA)
cast: Emil Jannings (Boss Huller), Lya De Putti (Bertha-Marie), Warwick Ward (Artinelli), Maly Delschaft (moglie di Boss), Georg John (Seeman), Kurt Gerron (scaricatore di porto), Charles Lincoln (artista spagnolo),
Georg Baselt, Alice Hechy, Paul Rehkopf
lunghezza: 2837 metri
durata: 112’
première: 16 novembre 1925