Jean Vigo e Boris Kaufman
Jean Vigo è stato, probabilmente, la più grave fra le premature perdite della storia del cinema, come lo fu Georg Büchner per il teatro un secolo prima. Entrambi davano adito di credere che, se fossero vissuti a lungo, avrebbero continuato a realizzare un capolavoro dopo l’altro, influenzando in modo inimmaginabile i rispettivi campi d’azione. Vigo aveva 25 anni quando riuscì a dirigere il suo primo film (e suo unico film muto), un documentario su Nizza. Nel frattempo aveva conosciuto a Parigi Boris Kaufman, il fratello del famoso regista sovietico Dziga Vertov (il cui vero nome era infatti David Abelevich Kaufman), che scrisse e montò con lui À propos de Nice e, successivamente, collaborò alle riprese degli altri 3 film di Vigo. Vigo morì solo 4 anni dopo, all’età di 29 anni, quando il suo cinema ancora non era stato capito né apprezzato in pieno dai suoi contemporanei e concittadini. Ci sarebbero voluti almeno 20 anni perché il suo genio fosse riconosciuto grazie a Henri Langlois e alla sua Cinémathèque Française che, di fatto, salvò e diede nuova vita a quel pugno di opere firmate dall’ormai dimenticato Vigo.
À propos de Nice è un film del tutto indipendente, Vigo poté realizzarlo grazie ai soldi del padre di sua moglie, l’amata Lydou. Si spaccia per un documentario, ma non è una rappresentazione oggettiva, o descrittiva, o narrativa della città di Nizza. L’approccio dei suoi due artefici vuole essere puramente “visivo” (il che spiega anche la totale assenza di didascalie), una sinfonia urbana, come quella su Berlino che Walter Ruttman girò qualche anno prima: Berlin – Die Sinfonie der Großstadt (Berlino, sinfonia di una grande città, 1927). Un’opera dunque estremamente libera, creativa e sperimentale in cui si riverberano in buona parte esperienze e stilemi dell’avanguardia cinematografica di quegli anni.
Il film si apre con una ripresa aerea della città e della costa. (E’ curioso – e lancinante – constatare che l’ultima sequenza del suo ultimo film, L’Atalante 1934, si chiuda proprio con una ripresa aerea del mare). Seguono senza apparente ordine diverse immagini: le attività frenetiche di un casinò; la spuma delle onde che si infrangono sulla battigia; palme viste dal basso; camerieri che puliscono i tavoli di un caffè; un uomo che dipinge il faccione di un pupazzo gigante per l’imminente Carnevale; riprese di famosi edifici, prima semi-capovolti, poi “raddrizzati”. E poi ancora, primi piani di passanti, dettagli, veloci quanto brevi panoramiche. Il tennis, le bocce, le gare di vela, gli alberghi di lusso. E tutto un gran movimento della macchina da presa a restituire il fluire della vita della città.
Successivamente, alla moviola, i due autori si divertono a montare diverse gag: come la sequenza animata dei pupazzi-turisti che arrivano ai casinò, pronti per essere “falciati via” dal croupier. O l’immagine di uno struzzo che compare a commento del primo piano di una ricca donna anziana avvolta nella sua pelliccia: O, ancora, una serie rapida di cambi d’abito per l’avventrice di un caffè, che alla fine viene lasciata nuda, nella stessa posizione che aveva all’inizio della sequenza.
Ma la seconda parte del film cambia bruscamente direzione, mostrando anche la Nizza dei vicoli, dei mercatini, degli sfaccendati che scommettono per le strade, di bambini malati che vagano come gatti randagi tra i rifiuti. Uno sguardo “dialettico”, sembrerebbe, sui due volti della città, quello che vuole essere visto, che attira turisti e soldi, e quello che si vorrebbe tenere nascosto. E poi, finalmente, il Carnevale, durante il quale Vigo e Kaufman ci regalano una delle più belle sequenze a rallentatore di tutto il cinema muto: quella di un gruppetto di donne che ballano il cancan su un palco. Il film si chiude in modo quasi enigmatico sulle ciminiere delle fabbriche che spargono ovunque il fumo (del progresso? Del degrado?).
Lo sguardo di Vigo è, qui come nelle opere successive, allegramente e ferocemente anarchico. Un cinema che è come il Carnevale originariamente inteso: un momentaneo sovvertimento dello status quo. Un tentativo di rivolta al tempo stesso artistica e sociale, contro un cinema percepito come l’ennesimo passatempo di borghesi annoiati; ma anche contro gli estetismi ormai fine a se stessi delle avanguardie e, in particolare, del surrealismo. Un cinema nuovo, vitale e dirompente, quello di Jean Vigo, passato come una meteora, ma che nell’arco di soli 4 anni avrebbe segnato inesorabilmente l’immaginario di tanti futuri cineasti, critici e spettatori.
Vittorio Renzi (1 aprile 2015)
À propos de Nice
[t.l.: A proposito di Nizza]
Francia, 1930
regia: Jean Vigo e Boris Kaufman
sceneggiatura: Jean Vigo
fotografia: Boris Kaufman
montaggio: Boris Kaufman, Jean Vigo
produzione: Jean Vigo, per Pathé-Natan
durata: 23′
data di uscita: 28 maggio 1930