The Ten Commandments (I dieci comandamenti, 1923)

Cecil B. DeMille

 

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SINOSSI: Prima parte. Gli schiavi ebrei oppressi dagli egizi, lavorano per erigere statue e monumenti al faraone Ramses. La giovane Miriam, sorella di Mosè, cerca di dare sollievo agli schiavi portando loro dell’acqua. Dio manda in Egitto Mosè che si reca dal faraone, ma questi non vuole cedere alle richieste del profeta di liberare il suo popolo. Mosè profetizza allora la morte di tutti i primogeniti che, quella stessa notte, si abbatte difatti sugli egizi, colpendo anche il figlio di Ramses. Il mattino dopo gli israeliti, guidati da Mosè, escono dall’Egitto diretti verso il mar Rosso. Il faraone, insieme ai suoi soldati, li insegue deciso a sterminarli. Ma le acque del Mar Rosso, dopo essersi aperte per far passare Mosè e il suo popolo, si richiudono sugli inseguitori. Giunti alle pendici del monte Sinai, Mosè sale in cima al monte e ottiene da Dio le tavole di pietra con su scritti i Dieci Comandamenti. A valle, nel frattempo, gli israeliti, hanno costruito un vitello d’oro da adorare e si sono dati a una vita dissoluta. Mosè, dopo aver visto l’accaduto, scaglia in terra le tavole, causando un terremoto che distrugge l’idolo e seppellisce gli idolatri.

Seconda parte. Siamo nella casa di un falegname. Martha McTavish vive con i suoi due figli, ormai ragazzi, John e Dan. Il primo è umile e devoto, come lei, l’altro invece disprezza le sacre scritture e ama i piaceri della vita. Un giorno nelle loro vite entra una ragazza povera, Mary Leigh. Entrambi i fratelli si innamorano di lei, ma la giovane è per carattere più vicina a Dan e se ne va via con quest’ultimo. Tre anni dopo, Dan è diventato un ricco impresario edile, vive nel lusso e ha sposato Mary. Ma è un corrotto. Quando gli viene commissionata la costruzione di una cattedrale, Dan decide di edificarla con materiali scadenti e nomina capo carpentiere John. Da una nave che porta i materiali dall’India giunge, clandestina, Sally Lung, mezza francese mezza cinese, che ben presto diventa l’amante di Dan. La cattedrale viene edificata, nonostante le proteste di John che teme per l’instabilità dell’edificio; infatti, il giorno dell’inaugurazione, l’edificio crolla uccidendo proprio la loro madre, Martha. Anche Dan farà una brutta fine.

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Pare che all’epoca la Paramount temesse un film interamente biblico (magari anche per motivi di impegno economico), di conseguenza il film, dopo la prima parte, si prolunga  in una seconda parte contemporanea a mo’ di racconto moralizzante. Un progetto  che sembra ricalcare vagamente una struttura alla Intolerance (1916), l’opera monumentale di sette anni prima, ma senza la minima traccia delle ambizioni (tecniche, ma anche artistiche) di Griffith.

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Se perciò la prima parte può emozionare ancora oggi per il talento naturale di DeMille nell’allestire qualsiasi forma di “grandeur” (parliamo di 2.500 comparse e 4.000 animali impiegati, per un budget complessivo di un milione di dollari!), la seconda è decisamente meno riuscita, piena com’è di manicheismo, semplificazioni e patetismi eccessivi persino per l’epoca. Si salvano l’interpretazione brillante dei due attori che interpretano i fratelli McTavish (Richard Dix e Rod La Rocque) e un paio di scene ben riuscite (l’offerta di matrimonio da parte di Johnny, fraintesa dalla ragazza, innamorata dell’altro fratello, e il naufragio finale di Danny).

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Personalmente, ritengo che, anche per quanto riguarda la parte relativa a Mosè e alla fuga dall’Egitto, sia in ogni caso da preferire la versione a colori del 1956, nella quale DeMille ebbe senz’altro maggiore libertà, potendo peraltro girare le scene negli ambienti originari previsti dal Libro dell’Esodo, anziché nei deserti americani, come nella versione muta. Chiaramente, il film fu realizzato oltre 30 anni dopo, in Technicolor e con mezzi ben più imponenti, ma è certo che in quello che fu il suo ultimo film DeMille mise tutto se stesso e il risultato si vede ancora oggi. Al contrario di questa gradevole ma non essenziale versione muta del ’23 che, nei suoi 45’ minuti o poco più, si limita a ricalcare gli episodi più salienti del racconto biblico (la fuga nel deserto, il muro di fuoco, il passaggio del Mar Rosso, e poi la corruzione del popolo ebraico e la trascrizione di Mosè delle tavole della Legge) tralasciandone per forza di cose altri, relegati alle sole didascalie (le piaghe su tutti). Mosè (interpretato in modo magniloquente ma scialbo da Theodore Roberts) qui poi è già vecchio, mentre nella versione del ’56 DeMille ebbe modo di romanzarne l’infanzia di trovatello e la giovinezza di principe egiziano, prima della sua presa di coscienza delle sue vere origini.

Vittorio Renzi  (9 marzo 2015)

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The Ten Commandments (I dieci comandamenti)

Usa, 1923

regia: Cecil B. DeMille

sceneggiatura: Jeanie Macpherson

fotografia: Bert Glennon

montaggio: Anne Bauchens

musica: Hugo Riesenfeld

scenografia: Paul Iribe

costumi: Claire West, Howard Greer

produzione: Adolph Zukor, Jesse L. Lasky, per Famous Players-Lasky Corporation

cast: Theodore Roberts (Mosè), Charles De Roche (faraone Ramses), Estelle Taylor (Miriam), Julia Faye (moglie del faraone), Terrence Moore (figlio del faraone), James Neill (Aronne), Lawson Butt (Dathan), Edythe Chapman (Martha McTavish), Richard Dix (John McTavish), Rod La Rocque (Dan McTavish), Leatrice Joy (Mary Leigh), Nita Naldi (Sally Lung), Robert Edeson (isp. Redding), Charles Ogle (il dottore), Agnes Ayres

lunghezza: 14 rulli

durata: 136’

data di uscita: 23 novembre 1923

The Ten Commandments poster

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