King Vidor
SINOSSI: 4 luglio 1900: “A 21 anni John era uno dei sette milioni di abitanti convinti di essere i pilastri di New York” recita una delle didascalie del film. Alla sua nascita, il 4 luglio 1900, 124º anniversario della dichiarazione d’Indipendenza, suo padre aveva esclamato: “Quest’ometto farà stupire il mondo”. E John (James Murray) crescerà convinto di essere destinato a grandi cose. Trasferitosi dalla provincia a New Yoek, trova un impiego in un ufficio di Manhattan. Conosce e si innamora di Mary (Eleanor Boardman), i due si sposano e hanno due figli, ma vivono in ristrettezze economiche. Come se non bastasse, la morte della figlia piccola e l’abbandono della moglie lo porteranno al limite della follia e a meditare il suicidio. Ma poi Mary torna da lui e, insieme a lei e al figlio, John ritrova la forza di lottare.
Lotte quotidiane di esistenze ordinarie, drammi improvvisi, sorrisi e lacrime. Realismo, unito a una buona dose di sperimentalismo che fanno di questo film uno dei capisaldi del cinema americano degli anni Venti. Quotidianità e ordinarietà all’interno di un cinema che aveva sempre fatto dello spettacolo – e quindi dell’eccezionalità – la sua ragion d’essere. Ed è per questo che, ancora oggi, sono così belle, belle perché sorprendenti e vere, nella loro “non eccezionalità”, le scene del corteggiamento e della prima uscita dei due neo-fidanzatini. Addirittura, al loro primo incontro, Vidor ci mostra un comportamento decisamente “ormonale” – ovvero del tutto normale e assai poco idealizzato – di John, che maliziosamente guarda nella scollatura di Mary; e poco più avanti, mentre lei sale una scala, Vidor inquadra in primo piano prima il sedere di lei, e poi lo sguardo alquanto inequivocabile di John che lo fissa.
E poi l’uscita a quattro al luna park, con tutta la spensieratezza, gli ammiccamenti e i baci rubati che ne conseguono (e, dopo di questo, in quante centinaia di film, nei decenni successivi e fino ai nostri giorni, abbiamo visto scene di coppie appena formate recarsi al luna park, come escamotage narrativo per raccontare l’innamoramento?).
In un’altra scena ancora, quando i due sono in luna di miele alle cascate del Niagara, dopo essersi inerpicati in cima a uno dei sentieri che costeggiano le cascate, Mary si sdraia in terra e chiude gli occhi, e John le si avvicina fissandola intensamente.
Può far sorridere il fatto di soffermarsi su questi particolari, ma il realismo, all’epoca del muto, passa proprio da qui, con una libertà inedita e tristemente rinnegata nel periodo immediatamente successivo, assai più conservatore e puritano.
Eleanor Boardman, nata a Philadelphia, ex attrice di teatro e volto di spicco fra le WAMPAS Baby Stars del 1923, aveva sposato il regista King Vidor nel 1926. The Crowd rappresentò l’apice della sua carriera, che terminò verso la metà degli Anni Trenta dopo una quarantina di film. Il suo ultimo film fu diretto dal suo secondo marito, il francese Harry d’Abbadie d’Arrast, che sposò nel 1940.
Anche la carriera di James Murray, lanciata proprio da questo film, terminò nello stesso periodo, ma per motivi decisamente più tragici: il vizio dell’alcool, a poco a poco, lo rese poco gradito a produttori e registi e l’attore newyorchese si ridusse a mendicare per le strade, come una tragica controfigura di John, il suo personaggio in The Crowd. Morì nel 1936, all’età di 35 anni.
Vittorio Renzi (16 dicembre 2014)
The Crowd (La folla)
Usa, 1928
regia: King Vidor
soggetto: adattamento di Harry Behn
sceneggiatura: John V.A. Weaver, King Vidor
fotografia: Henry Sharp
montaggio: Hugh Wynn
scenografia: Cedric Gibbons, Arnold Gillespie
costumi: André-Ani
produzione: Irving Thalberg, per Metro-Goldwyn-Mayer Pictures
cast: James Murray, Eleanor Bordman, Bert Roach, Estelle Clark,
Daniel G. Tomlinson, Dell Henderson, Lucy Beaumont,
Freddie Burke Frederick, Alice Mildred Puter, Sally Eilers
lunghezza: 9 rulli, 8.538 piedi
durata: 98′
première: 18 febbraio 1928
data di uscita: 3 marzo 1928